Che c’entra Renzi che
parla di centrodestra e di Berlusconi con Salvini? E che c’entra Salvini che
chiede a Renzi di fargli da mediatore con Berlusconi? Nel giorno in cui
deflagra tutto, accade persino che l’ex leader del Pd, fermamente convinto che
un governo sarebbe nato, si accorge di aver sbagliato pronostico. E
terrorizzato dal ritorno alle urne chiama il segretario del Carroccio: «Scusa
Matteo, davvero non riuscite a convincere Berlusconi a fare un passo
indietro?». «No Matteo. Ma visto che ci vai d’accordo molto più di me, prova a
convincerlo tu». Non è dato sapere se Renzi ci abbia provato, se così fosse il
risultato sarebbe stato modesto: una breve nota di Forza Italia — dettata a
fine giornata da Gianni Letta — con la quale si invitano gli alleati a meditare
se non sia meglio tornare alle urne in autunno piuttosto che in estate.
Il Cavaliere ha già lasciato Roma e dorme sull’aereo che lo
riporta a Milano, mentre le tenebre calano sulla legislatura. L’estremo
tentativo di Mattarella si infrange sui veti dei grillini e dei leghisti, che
pure ci avevano provato nel pomeriggio a far cambiare idea al leader azzurro.
Preso atto che Berlusconi non cedeva, che l’idea di scambiare l’appoggio
esterno per tre ministri d’area e la presidenza della Bicamerale per le riforme
non lo convinceva, Di Maio ha allargato le braccia con Salvini: «Oltre non mi
posso spingere o mi salta il gruppo». Ne riparleranno (forse) dopo le elezioni,
che hanno deciso di affrontare con la stessa tattica: polarizzando il voto.
«Sarà un ballottaggio tra noi e Salvini», dice il capo di M5S. «Sarà un
referendum tra noi e Di Maio», dice il leader leghista.
Il gioco sembra fatto, tra lo sconcerto dei parlamentari
democratici e forzisti, che nelle rispettive chat di partito descrivono le fiamme
dell’inferno e temono di venirne inghiottiti. Al Quirinale si consuma l’ultimo
atto. Il capo dello Stato avverte le delegazioni dei Cinque Stelle e del
centrodestra, spiega che le elezioni anticipate potrebbero provocare un
ulteriore strappo con il Paese. «Abbiamo già avuto un crollo nella
partecipazione al voto», sottolinea, ricordando le percentuali delle ultime
Regionali: «Una reiterazione non aiuterebbe». È chiaro che Berlusconi vorrebbe
aiutarlo. E ci prova, a modo suo.
Succede quando gli alleati si mettono a perorare la causa
dell’incarico a Salvini, e Mattarella chiede dove siano i numeri e quali gruppi
sosterrebbero il tentativo. «Ma i numeri ci sono», replica il Cavaliere:
«Saranno in tanti a non voler tornare a casa. E ci sarà anche il gruppo. Le
anticipo già il nome: “Gli Indipendenti”». Superato il momento d’imbarazzo, la
delegazione si accinge a salutare il presidente della Repubblica, quando —
sull’uscio — Berlusconi chiede di poter parlare da solo con il capo dello
Stato. La richiesta viene accordata e dietro quella porta chiusa, gli alleati
iniziano a insospettirsi. Pochi minuti e l’ex premier riappare: «Non ho parlato
di governo. Ho fatto presente al capo dello Stato le condizioni di salute in
cui versa Dell’Utri». La Meloni fa in tempo a indossare un sorriso d’ordinanza
prima di apparire davanti ai media.
La leader di Fratelli d’Italia in questi mesi ha svolto un
ruolo di cerniera nel centrodestra, come quei mediani a cui è delegato il
compito di recuperar palloni. Ma l’altra sera al vertice, quando Berlusconi ha
provato a parlare di «partito unico del centrodestra» per diluire i suoi numeri
con quelli della Lega, non ci ha più visto e ha affondato il tackle: «Silvio,
lascia stare. C’era il Pdl e sappiamo com’è andata a finire». Qualcosa però il
Cavaliere si dovrà inventare per non concludere la sua storia venticinquennale
da junior partner di Salvini, per evitare che sia l’altro a salire su un
predellino e fare un boccone di ciò che resta di Forza Italia.
Un terzo dei parlamentari azzurri è convinto infatti che non
sarà ricandidato. Ed è sicuro che quei collegi finiranno in quota Lega. Perciò
quando ieri Letta esortava Berlusconi a «lasciare aperto uno spiraglio» a
Mattarella, loro pensavano piuttosto a un muro che li difendesse. Perché luglio
o settembre, il voto si avvicina. Il ministro Franceschini, ormai nei panni
dello scrittore, osservando le macerie ha dettato l’incipit: «Per una serie di
tragici errori, portarono il Paese ai seggi sotto il sole. Alcuni cittadini
dimenticarono la scheda elettorale, altri dimenticarono il costume da bagno».
Il libro sarà dedicato a Renzi e Berlusconi.
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