Altri due ciellini condannati.
Ricostruiamo un po la vicenda.
Il
‘metodo Kaleidos’. Una apparentemente modesta società di car sharing di
Saronno, nel Varesotto, che improvvisamente, nell’arco di sei anni, mette le mani sui più succosi
appalti pubblici regionali e sbaraglia ogni
concorrenza. Tutto grazie a un dettaglio, raccontano oggi le carte di
un’inchiesta: l’appartenenza dei manager Kaleidos, e dei funzionari regionali
chiamati a indire i bandi di gara, alla Compagnia delle Opere.
Tutti o quasi. Solo apparentemente aperti al mercato, alla concorrenza, a chi
garantiva le condizioni migliori.
Kaleidos,
raccontano le carte dell’inchiesta realizzata da carabinieri e Procura, dettava
le linee per configurare gare su misura. Consigliava i funzionari regionali
sulle condizioni da includere negli appalti, a volte chiedeva perfino che si
“alzasse la base d’asta” per ottenere guadagni più vantaggiosi. Ovviamente, per
garantirsi una vittoria scontata. Ed erano talmente sicuri di rimanere impuniti
che tutte le irregolarità si consumavano senza alcuna precauzione, soprattutto
attraverso i messaggi di posta elettronica. Dal 2005, per sei anni, sono stati
150mila quelli che i vertici della società Kaleidos – azienda con sede a
Saronno, sulla carta esperta di auto a noleggio per aziende pubbliche e private
– si sono scambiati con i funzionari della Regione, di Metropolitana Milanese,
Aler e Ferrovie Nord.
I
carabinieri del nucleo investigativo di via Moscova le hanno vagliate tutte,
arrivando alla conclusione che la società guidata fino a un anno fa dai manager
Massimo Vanzulli e Oreste Ceriani (e costituita dalla Compagnia delle Opere),
sia riuscita per anni a mettere le mani su appalti pubblici da migliaia di
euro, solo “grazie a una rete di collusioni e contatti”.
“La
comune appartenenza”. A
differenza dei tempi di Tangentopoli, gli interlocutori di Kaleidos non
vendevano sempre il proprio ruolo, la carica, la funzione per denaro o favori.
No. I rapporti con quella che i pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio chiamano
“una vastissima rete fra imprenditori e professionisti”, nel loro atto
d’accusa, andavano avanti grazie alla “comune appartenenza” al movimento di
Comunione e liberazione. “Le fonti di prova raccolte – si legge nelle carte della
Procura – hanno consentito di delineare un quadro di ampio respiro riguardante
un disegno criminale imperniato su Kaleidos e finalizzato a turbare il corretto
svolgimento di gare d’appalto di diverse amministrazioni”. Ruota tutto intorno
alla Compagnia delle Opere, secondo l’accusa. “Un’associazione sorta nel 1986
per iniziativa di soggetti appartenenti agli ambienti ecclesiali di Comunione e
Liberazione (né è sostanzialmente la sua propaggine economica), allo scopo di
essere un valore aggiunto per gli iscritti”. I carabinieri, in un loro
rapporto, ricordano anche come il motto della Compagnia sia “lo spirito di
mutua collaborazione e assistenza”. E anche i principali indagati di questa
inchiesta (Vanzulli e Ceriani, soprattutto), “come alti funzionari Kaleidos,
sono risultati assolutamente addentro a tale circuito relazionale”.
“Sono
stato favorito”. L’inchiesta
a carico dei due manager – sfociata in 16 arresti per
corruzione e turbativa d’asta nel gennaio 2013 – si è
appena conclusa. Nelle migliaia di pagine di documenti allegati, si scoprono
così particolari inediti sullo scandalo Kaleidos. E, questa volta, l’ipotesi
dell’accusa viene rafforzata anche dalle ammissioni degli stessi indagati. Di
fronte alle mail esplicite tra la società e la Regione, l’ex presidente di
Kaleidos, Vanzulli, il 3 luglio scorso, non può negare l’evidenza. “Sicuramente
sono a conoscenza – ammette – che i funzionari (della Regione), con cui mi sono relazionato,
si rifanno alla comune appartenenza al movimento di Comunione e Liberazione”.
Vanzulli spiega comunque “che io offrivo un prodotto tecnicamente competitivo”,
ma subito dopo è costretto ad ammettere come “ritengo che tale comune
appartenenza mi abbia favorito”. E non basta. Per essere ancora più
dettagliati, l’ex manager ricorda ai magistrati come “il valore delle mie
capacità relazionali e l’efficacia delle stesse sono riconducibili alla mia
appartenenza alla Compagnia delle Opere, appartenenza che ha influito sulla
gestione degli appalti oggetto del processo penale”.
L’esclusiva
con la CdO. Ricapitolando,
dunque, nel corso del ventennio della presidenza del governatore Roberto Formigoni
(non indagato in questo filone, ma rappresentanza proprio del mondo di Cl),
funzionari della stessa area politica avvantaggiavano spudoratamente aziende
della “stessa appartenenza”. È ancora lo stesso Vanzulli a riconoscerlo:
“Ammetto – ricorda ancora – come Sems (società
legata a Kaleidos)
riuscì
ad avere un rapporto di esclusiva con i dirigenti della Regione nella
strutturazione dei bandi finalizzati all’ottenimento dei contributi pubblici”.
La spiegazione è sempre la stessa: questo rapporto “è stato favorito”, come “i
miei rapporti privilegiati” – insiste ancora Vanzulli – dalla “mia appartenenza
alla Cdo, nel senso che avevo la possibilità di interloquire con soggetti
appartenenti alla area politica omogenea”.