venerdì 29 novembre 2013
giovedì 28 novembre 2013
Ancora sul nano (articolo preso in rete)
Sento in giro, da tempo, un mantra esilarante:
“Berlusconi va sconfitto politicamente, non a livello giudiziario”. Una frase
così banale e furbina da aver trovato spazio tanto tra le labbra di Renzi
quanto in quelle di De Gregori, grande artista ma politicamente aguzzo come un
fagiolo borlotto. Tali intellettuali, di solito, aggiungono che “non si esulta
per le sentenze, occorre avere rispetto di magistratura e condannati”.
Allora, chiariamo:
1) La legge è legge, a prescindere. Non si tratta di esultare: si tratta di applicarla. Se io evado il fisco, magari tramite un arci-dimostrato “meccanismo fraudolento di evasione”, mi condannano. E se mi condannano non è giustizialismo: è giustizia.
2) Senza amnistie, prescrizioni, depenalizzazioni e quintali di leggi ad personam, Berlusconi sarebbe già stato condannato per falsa testimonianza, corruzione giudiziaria, maxi-tangenti, falso in bilancio, appropriazione indebita, eccetera (le amicizie coi vecchi boss della mafia fingo di dimenticarle. In fondo son buono).
3) Se uno aspetta che Berlusconi venga sconfitto “politicamente” dal Pd, che peraltro non ne è avversario bensì alleato e portaborse, facciamo notte.
4) Non ho alcun rispetto per chi da vent’anni paralizza, rincoglionisce e distrugge questo (teoricamente bellissimo) paese. Finiamola con questa melassa subdolamente bipartisan: se io ho davanti un Gasparri, non ci vado poi a cena e “famose du’ spaghi”. Il rispetto si guadagna, non si esige. Che tu sia “compagno” o “avversario”. Io avevo rispetto di Monicelli o Montanelli, per questo non posso averlo per le Biancofiore.
5) Quando un kapò cade (o così sembra: resterà sempre lì e in tanti lo voteranno ancora), non è mai un brutto giorno. E dunque si “festeggia”. O anche solo ci si sente più sollevati. Il politicamente corretto lo lascio ai chierichetti del nulla, tutta gente che mette il silenziatore emozionale a se stessa anche quando ha un orgasmo.
E dunque, e alfine, e ora più che mai: Vamos.
Allora, chiariamo:
1) La legge è legge, a prescindere. Non si tratta di esultare: si tratta di applicarla. Se io evado il fisco, magari tramite un arci-dimostrato “meccanismo fraudolento di evasione”, mi condannano. E se mi condannano non è giustizialismo: è giustizia.
2) Senza amnistie, prescrizioni, depenalizzazioni e quintali di leggi ad personam, Berlusconi sarebbe già stato condannato per falsa testimonianza, corruzione giudiziaria, maxi-tangenti, falso in bilancio, appropriazione indebita, eccetera (le amicizie coi vecchi boss della mafia fingo di dimenticarle. In fondo son buono).
3) Se uno aspetta che Berlusconi venga sconfitto “politicamente” dal Pd, che peraltro non ne è avversario bensì alleato e portaborse, facciamo notte.
4) Non ho alcun rispetto per chi da vent’anni paralizza, rincoglionisce e distrugge questo (teoricamente bellissimo) paese. Finiamola con questa melassa subdolamente bipartisan: se io ho davanti un Gasparri, non ci vado poi a cena e “famose du’ spaghi”. Il rispetto si guadagna, non si esige. Che tu sia “compagno” o “avversario”. Io avevo rispetto di Monicelli o Montanelli, per questo non posso averlo per le Biancofiore.
5) Quando un kapò cade (o così sembra: resterà sempre lì e in tanti lo voteranno ancora), non è mai un brutto giorno. E dunque si “festeggia”. O anche solo ci si sente più sollevati. Il politicamente corretto lo lascio ai chierichetti del nulla, tutta gente che mette il silenziatore emozionale a se stessa anche quando ha un orgasmo.
E dunque, e alfine, e ora più che mai: Vamos.
mercoledì 27 novembre 2013
The end..... fine della seconda repubblica...........
By by nano malefico, comunque c'è poco da festeggiare.... all'orizzonte si affaccia già un velenoso nemico del popolo...............il suo nome è Matteo Renzi il postcursore del nano.
A questo punto basta con la pazienza.... basta con il buonismo... l'unica via è la lotta armata!
Il motto non sarà più "se vedi un punto nero spara a vista" ma sparare ad un democristiano o ad un renziano non è reato!
venerdì 22 novembre 2013
martedì 19 novembre 2013
Quel porco democristiano!
Cipollino Renzie conferma le sue ambizioni: "Tutti i politici a un certo punto devono farsi da parte. A me, dopo, piacerebbe insegnare o diventare conduttore tv". Renzie è in politica dal 1999. Cosa aspetta? Potrebbe iniziare come controfigura di Crozza.
"Nel 1999 segretario provinciale del Partito Popolare Italiano. Nel 2001 coordinatore de La Margherita (do you rememberLUSI, ndr?) fiorentina, nel 2003, segretario provinciale. Tra il 2004 e il 2009 è presidente della Provincia di Firenze (una di quelle che dice di voler abolire, ndr). Il 22 giugno 2009 viene eletto sindaco di Firenze (sindaco ombra, il sindaco che non c'è, ndr). Nel 2012 la Corte dei conti ha apertoun'indagine sulle spese di rappresentanza effettuate dalla Provincia durante il mandato di Renzi, che ammontano a circa 600 000 euro." da Wikipedia
"Nel 1999 segretario provinciale del Partito Popolare Italiano. Nel 2001 coordinatore de La Margherita (do you rememberLUSI, ndr?) fiorentina, nel 2003, segretario provinciale. Tra il 2004 e il 2009 è presidente della Provincia di Firenze (una di quelle che dice di voler abolire, ndr). Il 22 giugno 2009 viene eletto sindaco di Firenze (sindaco ombra, il sindaco che non c'è, ndr). Nel 2012 la Corte dei conti ha apertoun'indagine sulle spese di rappresentanza effettuate dalla Provincia durante il mandato di Renzi, che ammontano a circa 600 000 euro." da Wikipedia
lunedì 18 novembre 2013
Il ritorno alla Lira (di Alberto Bagnai)
Che nell’euro così com’è molte cose non vadano nessuno ormai
lo contesta. Il dibattito si sposta su come riformare la moneta unica o come
abbandonarla. Quest’ultima opzione suscita grandi timori, non tutti fondati.
Prima di parlarne, osservo che il punto dirimente è quello politico, non quello
tecnico. Faccio un esempio: per i tedeschi entrare nell’euro ha significato
abbandonare una valuta forte, il marco. Perché questo non ha causato panico?
Semplicemente perché si era raggiunto un consenso intorno all’idea che l’euro
avrebbe comunque portato benefici. Allo stesso modo oggi per gli italiani
tornare alla lira significherebbe abbandonare una valuta forte, l’euro. Se però
ci si convincesse, a torto o a ragione, dei benefici di un’uscita dall’euro, si
creerebbero le condizioni politiche per una transizione senza panico.
Come ho spiegato ne Il
tramonto dell’euro, l’obiezione secondo cui l’uscita è impossibile perché i
trattati non la prevedono è infondata. La convenzione di Vienna stabilisce che
un trattato può essere risolto, anche in assenza di clausole espresse, quando
mutino i presupposti in base ai quali esso è stato concluso (è il principio
rebus sic stantibus). L’attuale disastro fornisce una base giuridica
sufficiente per un recesso. Lo ammette la stessa Bce in un documento del 2009.
Un altro principio è quello
della Lex monetae: uno stato sovrano ha il diritto di decidere in quale conio
sono definiti i contratti che cadono sotto la sua giurisdizione. Nel nostro
codice civile questo principio è disciplinato dagli articoli 1277 e
seguenti. L’uscita avverrebbe quindi tramite una ridenominazione in nuove lire
dei contratti regolati dal diritto italiano. A quale cambio? L’opzione più
semplice da gestire è che si usi un cambio uno a uno. Lo stipendio passerebbe
da 1500 euro a 1500 nuove lire, la rata del mutuo da 500 euro a 500 nuove lire,
ecc.
Ma allora non cambierebbe
niente? No, qualcosa cambierebbe: il passaggio al nuovo conio sarebbe seguito
da un riallineamento del cambio sui mercati valutari. Una rivalutazione dei
Paesi «forti» e una simmetrica svalutazione della nuova lira, che restituirebbe
respiro al nostro export con effetti positivi su reddito e occupazione.
La svalutazione non ci
schiaccerebbe sotto il costo delle materie prime? Non è detto. Secondo gli
studi più recenti (li trovate nel mio blog, bagnai.org), il riallineamento
atteso è dell’ordine del 30%, distribuito lungo l’arco di almeno un anno.
Certo, in capo a un anno le materie prime costerebbero un 30% in più. Ma
le materie prime sono solo una componente del costo del prodotto finito. Ad
esempio, il riallineamento del cambio non influirebbe sul costo del lavoro in
valuta nazionale.
E poi, chiedo, un imprenditore
preferisce pagare un po’ di più le materie prime, ma ricominciare a fatturare,
o essere «protetto» dalla valuta forte che però gli impedisce di vendere
all’estero? I tanti suicidi cui assistiamo danno una risposta fin troppo
eloquente.
Nel caso dei carburanti, poi,
la componente fiscale è preponderante. Per questo motivo si osserva che solo un
terzo di una svalutazione si traduce in un incremento del prezzo alla pompa.
Con una svalutazione del 30%, l’incremento atteso del prezzo alla pompa sarebbe
di circa il 9%, distribuito in più di un anno (ne abbiamo avuti di maggiori con
l’euro).
Secondo gli studi occorre un
anno perché il 36% di una svalutazione si trasferisca sui prezzi interni. Ha
torto chi dice che se svalutassimo del 30% saremmo tutti più poveri del 30% in
una notte! Del resto, da un anno a questa parte l’euro ha guadagnato circa l’8%
sul dollaro. Vi sentite molto più ricchi? No, perché la spesa di tutti i giorni
non la fate negli Usa, ma in Italia.
D’accordo, si obietta, ma
comunque il debito estero andrebbe pagato in valuta forte, e saremmo
schiacciati dall’onere del debito! Non è corretto. Solo i contratti regolati
dal diritto estero subirebbero questa sorte. Non ricade fra questi la maggior
parte dei titoli pubblici. Va bene, ma allora i mercati, penalizzati dalla
svalutazione, non ci isolerebbero, rifiutandoci altro credito? Non è detto.
Molti avrebbero voglia di tornare a investire in un paese che riprendesse a
crescere, e se ora abbiamo bisogno di capitali esteri è perché l’austerità di
Monti e Letta ha distrutto reddito, risparmio e produttività degli italiani.
Ma (si obietta) la «liretta»
sarebbe attaccata dalla speculazione! Siamo proprio sicuri? Quanto più la lira
perdesse di valore, tanto più le merci italiane diventerebbero a buon mercato.
Le banche centrali dei nostri concorrenti starebbero quindi ben attente a evitare
un eccessivo deprezzamento della nuova lira.
Il discorso andrebbe certo
approfondito, ma una cosa spero emerga: viste alla luce della razionalità
economica, molte obiezioni sollevate per incutere terrore agli elettori perdono
vigore. È giunta l’ora che la lucidità e la valutazione dell’interesse del
Paese prevalgano sull’emotività e su un malinteso «sogno» europeo.
di Alberto Bagnai
giovedì 14 novembre 2013
Renzi il peggior nemico della Sinistra e dei lavoratori
Siamo onesti: con Renzi il centrosinistra
sbancherebbe. E benché il nostro abbia già un grande futuro
alle sue spalle, rimane nondimeno in grado di accalappiare ragguardevole consenso. Il successo alla Festa
Nazionale del Pd ne è
la riprova e,
in generale, basta anche soltanto un rapido sondaggio qua e là, tra persone che
si conoscono o s’incrociano, per vedere che sì, ‘purtroppo’ molti l’apprezzano
e non pochi lo vorrebbero a Palazzo Chigi.
Dico ‘purtroppo’, perché non me ne
vogliate ma
il successo di Renzi è più che altro sintomo dell’inestirpabile infantilismo
politico che
rende gli elettori di questo paese (non tutti, per carità, ma comunque troppi) degli allocchi un poco fessi e facilmente
adescabili, pronti ad abbracciare, non appena se ne dia l’opportunità,
l’ennesima suggestione conformistica purché sia verniciata a nuovo.
Siamo seri: Renzi la Giovane
Marmotta è in realtà un Gattopardo precoce: il vecchio che avanza (o, se preferite, il suo eterno,
immobile ritorno). Altro che ricambio generazionale: sotto il pelo (che non
perde ma infoltisce) c’è la solita sbobba di sempre: un democristiano fintamente laico,
quantomai proclive alle lusinghe dei poteri forti, assai volonteroso (secondo
il peggior liberismo)
quando si tratta di rivedere ovviamente:
al ribasso i
diritti dei lavoratori, mentre invece nicchia, farfugliando imbarazzanti slogan populistici,
quando gli si chieda di tutelarli.
Vale anche per lui il programma del
suo finanziatore, l’altrettanto rampante Davide Serra: “Rendi
licenziabili tutti quelli sopra i 40 anni. Così magari i giovani avranno una
possibilità: costano meno e, lavorando, un domani potrebbero avere una
pensione. Il mercato del lavoro è troppo rigido”. Cioè:meno garanzie e meno diritti per ottimizzare i profitti e rendere
più ‘agile’ il mercato. Soluzione peraltro ovvia per uno che, come l’Aspirante
Renzi, ambisca a replicare Blair il quale, tra i primi e più
deprecabili alfieri della non-sinistra travestita da sinistra, abolì
alacremente anche la più minuta sopravvivenza del fu glorioso welfare inglese
e Kosovo tacendo operò affinché
la Gran Bretagna s’impelagasse mani e piedi in due conflitti dalle conseguenze
nefande, prendendo parte alle rispettive invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq
volute da Bush, o meglio: dai suoi criminosi manovratori.
Oltre a ciò, mettere in fila i
ruzzoloni onanistico-propagandistici di Renzi La Qualunque è come sparare sulla Croce Rossa:
dall’appoggio a Marchionne “senza se e
senza ma” alla
‘merenda’ arcoriana con Berlusconi, per poi passare al tête-à-tête fiorentino con Briatore e
chiudere (naturalmente al “top del top”) col Ponte Vecchio sprangato
ai comuni mortali dacché ‘imprestato’ alle Ferrari in passerella.
(Ah, dimenticavo l’elogio del merito
pronunciato da Maria de Filippi, con conseguenti sfarzi fotografici
su Chi dove l’ex-giovane, a dire il vero già
un poco raggrinzito lo
sguardo da sbruffone, tra l’arcigno e il navigato posa da Fonzie fuori tempo massimo, insaccato nel suo
bel giubbino in pelle lustra mentre, novello Elvis-the-pelvis, arpiona coi
pollici uncinati i passanti inguinali delle brache. Tra il siparietto per dementi messo in scena da Amici e
la susseguente investitura su rotocalco, veramente, c’è di che scompisciarsi o
disperare. Non
voterei Pd manco sotto tortura, ma vien da dire (all’apice dello
scoramento): “aridatece D’Alema”! Preferisco pur sempre un rottame
patetico rispetto a un rottamatore che pare già un ferro vecchio ancor prima
di mettersi alla pressa) .
In sintesi: altro che statista in
fasce, Renzi è una specie di pigmeo della politica,
il riciclato pericolosamente
latente e perciò doppiamente retorico dei
suoi presunti avversari di partito, quelli che a suo dire vorrebbero fargli le
scarpe mentre guarda
un po’ già
l’hanno promosso a comandante in pectore col precipuo scopo di salvare se
stessi (fateci caso: è la nuova strategia di Baffino, nonché la dimostrazione ce ne fosse mai
stato bisogno che Renzi è perfettamente organico
al partito che dice di voler riformare).
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