giovedì 27 settembre 2012

Interessante iniziativa ( fonte Varese News )


Nella giornata delle “Fattorie didattiche a porte aperte”, organizzata per domenica 30 settembre dalla direzione Agricoltura di Regione Lombardia, il Parco degli Aironi di Gerenzano inaugura un nuovo spazio dedicato agli animali da allevamento e alle attività agricole, con tante iniziative articolate nel percorso “Dalla terra alla tavola”.
Pur non facendo parte del circuito regionale delle fattorie didattiche, il Parco ha scelto di dare il suo contributo a questa giornata di sensibilizzazione e conoscenza della realtà rurale invitando tutti, adulti e bambini, ad approcciarsi con curiosità e rispetto alla natura, in un contesto unico nel nostro territorio.
Insieme agli esperti e ai volontari del Parco si partirà alla scoperta degli animali (alcuni appena arrivati), delle piante, dei frutti della terra… per poi approdare a tavola e consumare cibi genuini in compagnia.

Il programma della giornata prevede, a partire dalle ore 11.00, l’illustrazione del progetto “Fattoria del Parco”, la conoscenza (da vicino!) dei nuovi animali arrivati, la presentazione e la vendita dei prodotti locali, che si possono gustare anche nel ristorante del Parco.
Nel pomeriggio, dalle 15.00, protagonisti saranno i bambini, con i laboratori dedicati a loro: prova di mungitura con la “Mucca Margherita”; laboratorio “Dal latte al formaggio”; laboratori sensoriali con piante officinali.
Sarà possibile pranzare, fare merenda e cenare presso il bar-ristoro del Parco con uno speciale “Menù della terra”, pensato per convincere anche i più scettici che “sano” fa rima con “buono”.
Il costo della giornata in fattoria, con partecipazione ai laboratori e alle visite guidate è di 5 euro. La “Merenda della terra” costa 4 euro e il “Menù della terra” (pranzo o cena) 15 euro per adulti e 10 euro per i bambini.
Il Parco, in quest’ultima giornata con orario estivo, sarà aperto dalle ore 7.00 alle 22.00. Dal 1° ottobre al 19 aprile l’orario di apertura sarà dalle 7.00 alle 19.00 (lunedì chiuso).
Il Parco degli Aironi si trova a Gerenzano (Va) in via Inglesina, ed è gestito dalla cooperativa sociale Ardea onlus, il cui scopo è divulgare i valori insiti nella promozione dell’ambiente, trasmettere una profonda cultura ambientale e l’importanza del recupero delle tradizioni nonché  proporre attività per i minori, gli anziani, i disabili e le loro famiglie.

mercoledì 26 settembre 2012

Gerenzano .....non pervenuto!


Nulla di fatto: il Saronnese non si presenterà unito per chiedere l’adesione alla “Città metropolitana Milano”. Nella serata di martedì si è svolta la riunione tra tutti i comuni della zona, i cui rappresentanti hanno espresso le loro posizioni: solo Saronno e Caronno Pertusella presenteranno al Consgilio per le autonomie locali la loro preferenza per aderire alla Città metropolitana. I sindaci di Uboldo, Origgio e Cislago vogliono rimanere con Varese, mentre Gerenzano è ancora indeciso.

Resta il fatto che solo Caronno e Saronno hanno avviato un percorso partecipativo con la città. Alla serata erano stati invitati anche i comuni del Saronnese più vicini e che oggi sono in provincia di Como, Monza e Brianza, e Milano. Di questi ha partecipato solo il comune di Solaro, già in provincia di Milano.

«Si è persa un’occasione perché il Saronnese facesse sentire unito la propria voce – commenta con amarezza il sindaco di Saronno, Luciano Porro -. Sono soddisfatto che ci sia stato un confronto sereno e soddisfacente. Forse, come ha sottolineato qualcuno, ci sarebbe voluto più tempo per decidere. Però, di fronte a un’occasione come questa, il territorio del Saronnese rimarrà per l’ennesima volta smembrato. Se saranno confermate le linee di cui si parla in questi giorni il resto di Varese andrà con Como e Lecco, Monza e Brianza non si sa, il rischio è che il nostro territorio sarà ancora di difficile gestione per i troppi confini».
«Mi auguro – conclude il primo cittadino saronnese – che si possa tornare a trovarci come ieri sera per parlare dei problemi locali come trasporti, inquinamento, tribunale, ciclo delle acque, e molto altro. Non possiamo permetterci di non essere uniti». Dopo questo tentativo fallito di unificazione della zona, Saronno conferma di voler proseguire sulla propria linea, tanto che mercoledì sera il consiglio comunale dovrebbe approvare l’indirizzo da dare al Consiglio delle autonomie locali.
Valutare con attenzione ogni decisione.
Evitare decisioni azzardate che potrebbero in termini di tasse , assicurazioni ecc. gravare sulle tasche dei cittadini.

venerdì 21 settembre 2012

Dal blog M5S

Intervento di Paolo Becchi, Professore ordinario di Filosofia del Diritto presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Genova: "Il 18 Brumaio di Napolitano I e il M5S"

"Ci avviciniamo al termine: scadenza del mandato presidenziale di Napolitano, e fine della sedicesima legislatura dell’Italia repubblicana, spezzata dal passaggio da Berlusconi a Monti. Eppure si lavora per continuare a “bloccare” il sistema, nonostante – e forse proprio attraverso – le imminenti scadenze, le imminenti elezioni. Napolitano dichiara che continuerà a “vigilare” sul rispetto degli impegni presi nei confronti dell’UE. Re Giorgio non sarà più Presidente, ma lascia un’eredità al suo successore (e chi potrebbe essere, se non Monti? Ciampi fece un cursus honorum del genere: da Presidente del Consiglio a Capo dello Stato).
Le elezioni che si terranno – sembra dire il Presidente della Repubblica – non contano: tutti i partiti dovranno comunque accettare la continuità del programma del governo Monti. Le elezioni dovranno servire (paradossalmente) ad assicurare la continuità di un governo che continua a presentarsi come esperienza “a tempo”. Monti insiste nel dire che il “governo tecnico” è stata una “parentesi”: "L’esperienza del governo tecnico è limitata nel tempo […]. Superata l’esperienza del governo tecnico resterà l’eredità dell’importanza delle competenze nell'attività politica". Potrà anche non esserci, forse, un “Monti-bis”, ad una condizione: che ciò possa favorire il mantenimento di quel “blocco” costituzionale fondato sull’intervento diretto del Presidente della Repubblica e sull’allineamento dell’Italia all’asse europeo - a cui non possiamo che dare il nome di Terza Repubblica -.
Continuiamo pure a chiamare quello di Monti un “governo tecnico”, sapendo che si tratta di un eufemismo: non esiste, in tutta la storia repubblicana, un governo tecnico durato quasi una mezza legislatura . I governi tecnici della prima repubblica venivano chiamati “balneari” perché consentivano in breve tempo – lo spazio, appunto, di una vacanza al mare – di ricompattare la stessa maggioranza , modificando qualche equilibrio interno. Ciò che è avvenuto con Monti non ha nulla a che vedere con un “riposizionamento” della maggioranza: al contrario, esso ha spostato e rifatto una maggioranza. Il suo è il primo governo della Terza Repubblica.
Casini, di recente, ha sostenuto il “passaggio” a questa nuova forma di governo. Dopo aver infatti dichiarato: "Per noi dopo Monti c'è Monti. Il cammino non va interrotto", ha spiegato il senso della sua affermazione: "Per noi evocare Monti significa dire qualcosa che va ben oltre il nome del presidente del Consiglio". Non è un “nome” ad essere in gioco, da qui al prossimo Aprile, ma un “sistema politico” preciso, definitosi negli ultimi due anni.
Occorre dunque fare un passo indietro, alla “strana” estate del 2010. In un mese, dietro lo scontro con Fini – e lo scandalo giornalistico della “casa di Montecarlo” –, si risolse allora l’autentico e reale conflitto politico: quello tra Berlusconi ed il Presidente della Repubblica Napolitano. A fine agosto, fu Berlusconi ad uscire sconfitto, a cedere di fronte alla ferma posizione del Capo dello Stato di non sciogliere anticipatamente le Camere dopo l’estate. Il Presidente del Consiglio perdeva, così, il controllo del rapporto tra Governo e Parlamento, nonché della propria maggioranza. Si veniva ad erodere, progressivamente, il meccanismo fondamentale della forma di governo parlamentare, fondato sul rapporto fiduciario Parlamento-Governo. Nel “parlamentarismo razionalizzato” disegnato dalla nostra Costituzione e definitosi, dopo il ’93, con l’elezione sostanzialmente diretta del Capo del Governo, infatti, la fiducia significa anzitutto la necessità che il programma del Governo possa essere attuato e realizzato attraverso il Parlamento, con la conseguenza che, se tale attuazione entra “in crisi”, il Governo deve avere la possibilità di sciogliere le Camere e ricorrere nuovamente alla consultazione elettorale.
Nell’agosto 2010 questo “congegno” è stato bloccato dal Presidente della Repubblica, che è intervenuto dichiarando di voler impedire lo scioglimento del Parlamento sino alla fine della sua legislatura. Ciò non era, certo, sufficiente a provocare le dimissioni di Berlusconi, ma ne costituiva la premessa necessaria: si obbligava, infatti, il Presidente del Consiglio a governare senza poter disporre di alcuno strumento di pressione reale sulla propria maggioranza parlamentare. Soltanto questo spiega quella concitata “compravendita” di deputati (spiega, cioè, le defezioni dei “frondisti” del Pdl, la fuga degli “scajoliani”, le continue “conte” dei numeri, spiega Scilipoti e Calearo) che, tra ottobre e dicembre 2011, salvò il Governo dal voto di sfiducia ma che fu, al contempo, l’ultimo atto prima della sua fine. Occorreva, dunque, chiudere l’esperienza Berlusconi. Ed è di un anno più tardi – ancora in estate – la mossa successiva: l’improvvisa “follia controllata” dello spread, che inizia a salire nei primi giorni di luglio (244), poi ridiscende, ed a partire da agosto ricomincia ad impennarsi, senza più fermarsi, fino a raggiungere il picco nella seconda settimana del novembre 2011(quota 553).
Più degli scandali sessuali, lo spread segnava la fine di Berlusconi, in quanto minava alle fondamenta il suo potere economico ed i suoi stessi interessi aziendali. Berlusconi rassegnava così le sue dimissioni nascondendole come un atto di responsabilità nell’interesse del Paese di fronte alla crisi economica ed alla necessità di adottare soluzioni radicali e di emergenza. In realtà, la sua uscita di scena è dipesa da un rovesciamento politico dei rapporti tra Governo e Presidente della Repubblica, da un conflitto acuto – ma silenzioso – tra due poteri o, più correttamente, tra due diversi modelli costituzionali: l’evoluzione del sistema parlamentare verso il “premierato”, da una parte (Berlusconi), ed il suo rovesciamento in senso “presidenziale”, dall’altra (Napolitano). Le “consultazioni” aperte da Napolitano dopo le dimissioni di Berlusconi corrispondevano soltanto in apparenza alla “prassi costituzionale” tipica della prima Repubblica. Il sistema, infatti, era già stato “bloccato” l’anno precedente: non si sarebbe mai andati alle elezioni, e la nomina di Monti a Senatore a vita anticipava, ancora con Berlusconi Presidente del Consiglio, la formazione di un nuovo Governo.
E con la nomina di Monti, si è definitivamente compiuto il passaggio al “Governo del Presidente, una stagione politica inedita nel nostro Paese. Un Governo legittimato politicamente dal Capo dello Stato, la cui linea di azione viene dettata dall’esterno, dagli interessi economici di Bruxelles. Vengono così a coincidere, finalmente, le due forze fondamentali che in questi due anni hanno cambiato la nostra Costituzione con un atto di forza, nel rispetto formale della legalità ma senza alcuna legittimazione democratica: la forza politica del Capo dello Stato, e la forza economica di quella “dittatura europea” di banchieri e finanzieri, appartenenti ad esclusivi clubs e gruppi di decisione e pressione. Per due anni, il Governo si impone a forza di decretazioni d’urgenza e di una disciplina “bulgara” imposta al Parlamento. Sembra che il “colpo di Stato” abbia funzionato. I partiti tentano di riposizionarsi, ma continuano a perdere credibilità e consensi. Crollano il Pdl e la Lega Nord. Il Pd pensa di potersi inserire in questa “terra di nessuno”, eppure si trova in scacco: o con Monti o contro Monti, anzitutto. Non c’è altra scelta. Il congegno sembra dunque funzionare. Ma non è così.
I “tecnici” non hanno previsto quello che doveva necessariamente accadere: che il popolo italiano si ribellasse, divenisse finalmente rivoluzionario, comprendesse le umiliazioni a cui questa “Terza Repubblica” lo sottopone. Doveva accadere che un vero movimento di opposizione al potere, al sistema di Bruxelles, alla speculazione parassitaria, alla moneta unica, minacciasse la “pace” politica imposta a colpi di spread. Si lavora, dunque, per riparare a questo “errore di previsione”. Per fare in modo che le prossime elezioni assicurino la continuazione della “Terza Repubblica”. E, per farlo, è necessaria una cosa soltanto: impedire che il voto si converta in opposizione al sistema di potere; neutralizzare, cioè, il MoVimento a 5 stelle, che oggi incarna l’unica autentica protesta al potere, le uniche parole d’ordine per restituire dignità al popolo italiano: fuori dall’euro e dall’Europa, affermazione di una autentica democrazia al posto di una “casta” tecnocratica di politici e banchieri.
Come neutralizzare, dunque, il MoVimento? Le tecniche di “manipolazione” sono quelle “classiche”, dalle più elementari a quelle più complesse.
Prima di tutto, creare spaccature la suo interno: il “fuori onda” in televisione di Favia di questi ultimi giorni ne rappresenta un esempio talmente banale da non dover neppure essere commentato (e già, del resto, pare si sia scoperto che lo “scoop” sarebbe stato “concordato” da Favia). La stampa si schiera: “Repubblica”, che ha progressivamente sposato la causa della Terza Repubblica, ha iniziato a guidare la campagna di diffamazione contro il MoVimento 5 Stelle.
Seconda tecnica: definirlo, qualificarlo, ricondurlo ad una “categoria” politica già nota e dispregiativa. Si veda, ad esempio, il recente intervento di Monti: «L’Europa è minacciata dai populismi». E spiega: «c’è il rischio che all’interno dell'Unione Europea, mentre la costruzione dell'Europa si perfeziona, le difficoltà dell'Eurozona facciano emergere una grande, crescente, pericolosa sensibilità nelle opinioni pubbliche dei vari paesi con tendenze all’antagonismo». “Populismo”, “tendenza all’antagonismo”, “antipolitica”: si ricorre a definizioni del tutto vuote ma connotate emotivamente per squalificare una forza politica reale, autentica.
Terza tecnica: anticipare” i risultati del voto, pronosticarli, prevederli, in modo da influenzarli e determinarli (è la tecnica chiamata della “profezia che si autoadempie”, o che “si autoavvera”, tipica della speculazione finanziaria). Da qui i “sondaggi” – basti l’esempio di quello realizzato Mannheimer il 9 settembre –: “italiani tentati dal governo tecnico”, governo di solidarietà nazionale, “strana” maggioranza, etc.
Quarta tecnica: controllare i meccanismi “tecnici” che disciplinano il voto, ossia lavorare sulla legge elettorale e sul periodo in cui tenere le elezioni. La modifica o meno della legge elettorale si gioca tutta sulla necessità di impedire al MoVimento 5 Stelle di divenire una forza parlamentare attiva.
Queste le tecniche che vediamo oggi e continueremo a vedere all’opera nei prossimi mesi, con l’obiettivo di soffocare l’opposizione degli italiani a questa “svolta” costituzionale dettata dal Presidente della Repubblica e dall’Europa. Ed il MoVimento a 5 Stelle, come potrà reagire? Se esso è, come davvero sembra, una forza reale nel Paese, se esso davvero rappresenta ed incarna le istanze della di una fetta sempre più consistente di italiani e di giovani destinati ad un futuro di miseria, nulla potrà fermarne la forza elettorale. Il problema, se mai, è un altro.
Eleggere dei rappresentanti in Parlamento, non significa necessariamente “vincere” la propria battaglia politica. La democrazia parlamentare tende per sua natura al negoziato, al compromesso, alle “manovre”: c’è sempre il pericolo, il rischio, di restare intrappolati e neutralizzati da coalizioni di partito e maggioranze complesse, trasversali, che riescano ad assicurare la continuità del nuovo “sistema” anche contro un MoVimento ben rappresentato alle Camere. È questo che il MoVimento deve evitare: di oscillare, quale semplice forza d’opposizione, tra le correnti che sosterranno una soluzione in continuità con l’asse Napolitano-Monti.
Il MoVimento non deve, in altri termini, essere soltanto un’opposizione, una forza di protesta, un’espressione del dissenso e della “delusione” degli italiani nei confronti dei partiti. La delusione, l’astensione, il voto di protesta non impediranno, infatti, da sé soli, il consolidamento della “Terza Repubblica” (la quale, anzi, si è in larga parte legittimata, con l’intervento del “custode” della Costituzione, proprio grazie al “vuoto” dell’astensionismo e del dissenso ai partiti politici allora al governo).
È vero: in Parlamento, il MoVimento non potrà che svolgere il ruolo dell’opposizione, ma ciò non dovrà “istituzionalizzarlo”: non dovrà perdere la sua carica intransigente, anti-sistema. Dovrà essere nell’aula ma sempre fuori, al di là del Palazzo. Il MoVimento 5 Stelle ha ora bisogno di una dottrina positiva e definitiva. Non sarà un partito proprio perché non sarà destinato al compromesso. I partiti hanno ideologie astratte, che servono loro come la carta da giocare sul tavolo del negoziato politico. Le “ideologie” sono fatte per essere compromesse con altre “ideologie”. I movimenti non hanno ideologie: hanno un bersaglio, un obiettivo. Per questo il MoVimento 5 Stelle non può, per definizione, “stringere alleanze. Ed è proprio per tentare di snaturarlo che i giornali hanno cominciato ad ipotizzare tattiche elettorali – attraverso l’alleanza con l’Idv, o Sel – che il MoVimento non potrà mai far proprie. I movimenti sono a senso unico: non possono perdersi per strada, non possono scegliere di “girare” a destra o a sinistra. Per questo non si possono compromettere. Per questo il MoVimento 5 Stelle deve rimanere movimento, deve essere sempre in divenire, non deve fermarsi mai. Per questo, quale che sarà il risultato elettorale del 2013, non dovrà ripensarsi come forza di opposizione o di maggioranza.
Non è questa la sua natura, non è questo il suo bersaglio. Ciò che dovrà realizzare è portare l’Italia fuori da questa trappola per topi – da questo sistema politico ed economico dettato dall’Europa –, e restituire agli italiani la loro sovranità. " Paolo Becchi

giovedì 20 settembre 2012

Provincia o non provincia?


Saronnese nella città metropolitana di Milano? Verso Como? O rimanere a Varese? Sono molte le domande che si pongono i comuni della zona sul loro futuro amministrativo: Saronno, Caronno Pertusella, Cislago, Uboldo, Gerenzano e Origgio. Una zona che per molti comuni è oggi un “crocevia” di quattro provincie: Varese, Milano, Como e Monza Brianza.
La decisione di indirizzo da parte dei comuni deve essere presa entro il 3 ottobre e Saronno ha già in programma un consiglio comunale dedicato al tema, per mercoledì 26 settembre, durante il quale dovrà dare il proprio indirizzo. Nei giorni scorsi si è svolta anche una serata pubblica, a cui hanno partecipato un centinaio di cittadini, e dalla quale è emersa la necessità che il saronnese debba presentarsi unito in una richiesta. «Organizzeremo un altro incontro tra i sindaci della zona – ha spiegato Luciano Porro -. L’ideale sarebbe proprio quello di trovare una quadra tra tutti i comuni del Saronnese. Non per niente abbiamo avviato questo percorso di incontri pubblici, ma i tempi sono davvero molto stretti».

Vediamo la situazione e l’orientamento Comune per Comune.

Saronno
Tramite l’assessore Giuseppe Nigro e il sindaco Luciano Porro, il comune ha già apertamente dichiarato che l’ideale sarebbe aderire alla città metropolitana di Milano. «Far parte della città metropolitana di Milano è nella nostra natura - spiega l'assessore Nigro -, anche per in servizi ai cittadini. Saronno è da sempre coinvolta nelle decisioni dell'area milanese, come i recenti provvedimenti sulla mobilità o sull'inquinamento. È giusto andare in questa direzione».

Caronno Pertuslela
Della stessa opinione del comune di Saronno. È il paese più lontano della provincia di Varese, quello più “milanese” anche come crescita demografica negli ultimi anni. Ha già avviato la procedura per la richiesta di far parte della città metropolitana di Milano con diversi incontri pubblici. «Stiamo facendo un percorso anche coi cittadini – spiega il sindaco Loris Bonfanti -. La scelta è al di là delle questioni di pancia per cui Saronno e Caronno erano nate nell’area milanese. Questa legge dà per la prima volta ai comuni la possibilità di esprimere un’opinione, e noi vogliamo cogliere questa possibilità. L’orientarsi verso la città metropolitana riteniamo sia la possibilità che possa creare nuove opportunità, non è una questione di colore politico. Se trovassimo una bella sinergia nel Saronnese, con tutti i comuni uniti, potremmo essere ascoltati».

Uboldo
Voce fuori dal coro. Il sindaco Guzzetti ha già espresso la propria linea: contrario alla città metropolitana, preferirebbe rimanere a Varese, anche per una questioni di costi: «Noi siamo disponibili ad ascoltare, a dialogare, ma quello che non capiamo in questo momento è perché non unirci invece tutti insieme a cercare di salvare invece la nostra Provincia che è virtuosa, che ci conosce e che rischia di essere tagliata per il solito modo di far politica da Roma - prosegue Guzzetti -: non guardare chi fa e fa bene, ma salvare equilibri politici favorendo addirittura quelle realtà dove è provato dall’esperienza quanti soldi siano stati bruciati». 

Origgio
Il sindaco Luca Panzeri è della stessa opinione del collega di Uboldo. «Ancora non abbiamo orientamenti ufficiali. Stiamo valutando tutte le cose. Noi saremmo orientati a dare l’indicazione di rimanere a Varese, ma valuteremo con tutta l’amministrazione. Non è che c’è stata molta informativa su questo. Sulla città metropolitana non so nemmeno quanti comuni possano aderire. Valuteremo e agiremo di conseguenza nei prossimi giorni».

Cislago
Ancora nessuna decisione di indirizzo per gli amministratori del paese più vicino a Varese: «Noi stiamo ragionando – spiega il sindaco Luciano Biscella -. Il problema è abbastanza articolato e i contorni non si conoscono bene. Il mio pensiero, a prescindere da quello che sarà l’ente nel quale saremo inseriti, è che se l’ente superiore è ancora un organo eletto politicamente serve a poco. Se invece in questo “ente” fluiscono i rappresentanti dei comuni allora ha un senso. Per la nostra indicazione non lo sappiamo ancora: vorrei poter arrivare a definire insieme a tutti i consiglieri, avremo un incontro venerdì. Avrei preferito sentire tutti i cittadini con un referendum, ma i tempi sono troppo stretti».

Gerenzano
Non è ancora stata presa una posizione ufficiale. Il sindaco Ivano Campi non rilascia dichiarazioni precise: «È una cosa che dobbiamo ancora discutere bene, se città metropolitana o Varese. Per adesso non abbiamo una posizione ufficiale. Se ne sentono un po’ di tutti i colori, ed anche come posizione personale preferirei non esprimermi. Non è una persona singola che deve decidere, ma tutta l’amministrazione. Valuteremo in questi giorni». . 
Per quanto ci riguarda, non sarebbe il caso di chiedere ai cittadini, magari tramite consultazione cosa gradirebbero?
Con quale diritto un'amministrazione che rappresenta meno del 20% della popolazione può arrogarsi il diritto di decidere?

mercoledì 12 settembre 2012

Ma quando se ne vanno? (in parte dal blog di Beppe Grillo)


Befera sta preparando il nuovo redditometro per famiglia per ottobre. Spese voluttuarie come la badante, il cellulare, l'asilo, l'università dei figli, l'abbonamento in palestra, la parcella del veterinario, le donazioni alle Onlus saranno d'ora in avanti controllate dal fisco.
Vorrei dare un contributo per l'estensione dei controlli sulle famiglie italiane. Infatti, non sono ancora compresi, ma andrebbero inseriti: i maxi rotoli di carta igienica, il dopobarba, il parrucchiere, l'abbonamento per il cappuccino al bar (10 cappucci, nove euro), la tessera del tram e del treno per i pendolari, il biglietto del cinema (in particolare 3D e Imax), l'ingresso a teatro, i cotton fiocc (confezione da 100), la spesa al supermercato se superiore ai cento euro settimanali, l'abbonamento ai quotidiani, l'adsl, le scarpe (in particolare quelle da ginnastica), le aspirine in tubetti da 10, gli shampoo tranne quelli per bambini, l'utilizzo frequente dello sciaquone del water (non più di 5 volte al giorno e non per la pipì), gli scontrini dei ristoranti e delle pizzerie, le spese per il matrimonio (su questa voce ci siamo già portati avanti), funerali, battesimi, cresime e divorzi (per divorziare è necessario ormai disporre di un reddito medio alto), le donazioni domenicali durante la messa, le assicurazioni sulla casa e sulla salute, biciclette, monopattini e oggetti per la mobilità individuale, preservativi per uso superiore alle 4 volte al mese (solo di sabato...), montature di occhiali di tartaruga, consumo di energia elettrica oltre i 40 euro mensili e di spese da riscaldamento superiori agli 800 euro annuali, parenti all'estero con un reddito (per la tassazione presuntiva in caso di donazioni in nero ai disoccupati), regali natalizi, doni di compleanno (in particolare per il diciottesimo anno), cravatte, camiceria firmata con le iniziali, maglioni in cachemire, sigari, sigarette "americane", la tessera dell'abbonamento alla squadra del cuore (obbligatorio in dichiarazione se vince lo scudetto), macchine fotografiche, zainetto per la scuola, penne "Carioca" multicolore, astuccio griffato di Batman e di Ben 10, acquari e pesci rossi in boccia da sei litri, abbonamento a Sky, collezione di francobolli del periodo coloniale, cappelli Borsalino, vecchi dischi di Little Tony, calendari Pirelli, impianti di condizionamento, ficus da appartamento, terrazzi, terrazzini e balconi di almeno tre metri quadri, finestre luminose, max 80 centimetri per un metro (come nel Medioevo), annate complete di Alan Ford e di Zagor, tessera punti benzina (sovrattassa sul regalo della stazione di rifornimento), vincite al tiro a bersaglio al luna park (da sempre senza scontrino), aria ossigenata per chi vive al di fuori dei centri urbani, vicinanza della casa a prati demaniali (basta con le corse gratis sull'erba), strumenti musicali sia di proprietà che in affitto, sedie con braccioli (senza sono esentate), amache in corda, prese elettriche in casa (se superiori a cinque), doppi bagni (tripli scatta il controllo), nonni a carico (con che soldi li mantieni, eh?), profumi, pane fresco di giornata e pasticceria in genere (panettoni esclusi), pendole, scacchiere in legno e le paperette di gomma per la vasca da bagno (ormai introvabili).
Ps: a quando l'elenco dei maxi evasori totali a cui sono stati condonati 100 miliardi di euro con il solo 5% dallo Scudo Fiscale? Chissà se hanno una macchina, una badante e portano i figli a un asilo privato ... A quando l'abolizione delle centinaia di milioni di euro di finanziamento pubblico ILLEGALI (in quanto bocciati da un referendum) ai partiti, a quando l'abolizione delle Province, a quando le misure di incentivazione fiscale per le piccole e medie imprese che stanno abbandonando a migliaia l'Italia per sopravvivere. A quando l'abbassamento delle pensioni d'oro a tremila euro mensili? A quando la chiusura di Equitalia? Monti, dimmi quando, quando, quando...
Ps: Ma cosa rideva ieri la befana della Fornero in TV?
Vieni nelle aziende, che ti facciamo ridere noi!
Questi falliti del governo tecnico, che non saprebbero avvitare un bullone o cambiare una lampadina, se ne devono andare, e non solo dal governo ma andarsene dalla nazione.
Vergogna Falliti!